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Sempre più plastica nel mare, sale da cucina contaminato dalle microplastiche




Secondo la ricerca scientifica pubblicata da Environmental Science & Technology, nata dalla collaborazione tra Greenpeace e l’università di Incheon in Corea del Sud, su quaranta campioni di sale da cucina analizzati provenienti da diverse nazioni inclusa l’Italia, oltre il 90% contengono frammenti di plastica inferiori ai 5 millimetri, meglio noti come microplastiche. 

Dall'indagine, che ha preso in esame campioni di sale marino, di miniera e di lago, risulta che 36 campioni su 39 sono contaminati da microplastica costituita da polietilene, polipropilene e polietilene tereftalato (PET), ovvero le tipologie di plastica più comunemente utilizzate per produrre imballaggi usa e getta.

Questa ricerca, la prima condotta su vasta scala, ha consentito anche di correlare i livelli di inquinamento riscontrati nel sale con l’immissione e il rilascio di plastica nell'ambiente. Infatti, di tutti i campioni analizzati quelli provenienti dall’Asia, in particolare da un campione rilevato in Indonesia, seconda per l'apporto globale di plastica nei mari, hanno registrato picchi fino a 13 mila microplastiche.

«Numerosi studi hanno già dimostrato la presenza di plastica in pesci e frutti di mare, acqua di rubinetto e adesso anche nel sale da cucina. Questa ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica e come per noi sia ormai impossibile sfuggire a tale contaminazione» dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti», conclude.

In generale nei campioni di sale marino è stata osservata una maggiore presenza di microplastiche, rispetto ai campioni provenienti da laghi salati e dalle miniere. Anche i tre campioni di sale provenienti dall’Italia, due di tipo marino e uno di miniera, sono risultati contaminati dalle microplastiche con un numero di particelle compreso tra 4 e 30 unità per chilogrammo. Quindi, considerando l'assunzione media giornaliera di 10 grammi, un adulto potrebbe ingerire, solo attraverso il consumo di sale da cucina, circa 2 mila pezzi di microplastiche all'anno considerando la concentrazione media di microplastiche in tutti i sali analizzati e fino a 110 sulla base del dato italiano peggiore.

«I risultati suggeriscono che l’ingestione di microplastiche da parte dell’uomo può avvenire anche attraverso prodotti di origine marina e l’esposizione umana può dipendere dai livelli di contaminazione nelle differenti aree geografiche» afferma Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon. «Per limitare la nostra esposizione alle microplastiche – conclude - sono necessarie misure preventive riguardo l’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica».

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