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Il cavolfiore di Moncalieri diventa un presidio Slow Food

Slow Food inserisce il cavolfiore di Moncalieri tra i suoi presidi. Lunedì 4 marzo alle 18,30 alla presenza dei produttori il Tasso, Ortobio e Vita in campo, otre che a chef e autorità, verrà inaugurato il suo ingresso tra le produzioni tradizionali della fondazione.

«Ãˆ un momento molto importante per dare nuova linfa a questo ortaggio, anche perché stiamo parlando di un prodotto che si coltiva nella periferia di una grande città e potrebbe concorrere al suo sostentamento riuscendo a conservare le caratteristiche nutrizionali e organolettiche perché dal raccolto alla sua distribuzione passano poche ore e non deve affrontare lunghi viaggi» sottolinea Roberto Sambo, responsabile Presìdi Slow Food per il Piemonte e la Valle d’Aosta. 

Il cavolfiore di Moncalieri si trova sulle colline a sud di Torino. Fino agli anni Settanta, questa cultivar, era tenuta da ogni contadino e particolarmente apprezzata e ricercata anche sui mercati per via delle ottime caratteristiche organolettiche, ma poi è quasi scomparsa. 

La produzione del cavolfiore di Moncalieri è andata in crisi negli anni Settanta, con il sopravvento dell’agricoltura industriale e la diffusione di varietà caratterizzate da un ciclo produttivo più rapido e da dimensioni maggiori. A inizio degli anni Duemila, questo ecotipo è stato inserito nel Paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino e nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) e la sua coltivazione si è un poco ripresa. 

La sua caratteristica è la centrale ha tante cupolette appuntite avvolte a spirale, proprio come il romanesco, ed è completamente avvolta da foglie di colore verde chiaro, precisamente avorio tendente al giallino, diverso sia dai classici cavolfiori bianchi “palla di neve”, sia da quelli romaneschi, verde chiaro.

In realtà le origini di questo ecotipo sono francesi ed probabilmente è stato introdotto in Italia quando i Savoia si sono insediati in Piemonte, con gli ortolani e i giardinieri della Casa Reale al seguito. 

Nel tempo la coltivazione si è consolidata grazie ad alcune caratteristiche pedo-climatiche favorevoli, come i terreni ricchi di sabbia – che permettono una buona circolazione dell’acqua – e il clima rigido, ben sopportato grazie alla protezione delle foglie che avvolgono la parte centrale. La raccolta del cavolfiore di Moncalieri è scalare, inizia a ottobre e si protrae per tutto l’inverno. ù

È un cavolfiore adatto a qualsiasi tipo di preparazione: si mangia fritto, bollito o abbinato alla bagna cauda (salsa a base di acciughe, aglio e olio extravergine di oliva). In bocca è sapido e ha una consistenza compatta e croccante, anche dopo la cottura. 

Ciò che lo differenzia dai più comuni cavolfiori è l'odore più delicato, oltre a essere più facile da digerire ed è possibile degustarlo anche crudo in insalata, con olio, parmigiano, pepe e sale. 

Ad oggi, la sua sopravvivenza è affidata a pochi agricoltori che ne custodiscono la semente. Il presidio riunisce infatti un gruppo di piccoli produttori che coltivano il cavolfiore di Moncalieri seguendo i principi dell’agricoltura biologica. L’obiettivo di Slow Food è di recuperare questo prodotto coinvolgendo nuovi coltivatori, valorizzarlo, farlo conoscere a consumatori e ristoratori.

Il Presidio Slow Food è un potente strumento di difesa delle piccole produzioni tradizionali. Il progetto coinvolge più di 13.000 realtà produttive che con il loro lavoro sostengono l’economia locale, producono reddito, tutelano l’ambiente e salvano dall'estinzione razze autoctone, varietà locali di frutta, ortaggi e tecniche artigianali. 

Per diventare Presidio il prodotto, oltre che essere buono, il prodotto deve seguire un rigido disciplinare e deve rispettare canoni di sostenibilità ambientale, come la tutela della fertilità della terra e degli ecosistemi idrografici, l’esclusione delle sostanze chimiche di sintesi, il mantenimento delle pratiche tradizionali di coltivazione e gestione del territorio. Anche da un punto di vista sociale deve godere di un'ottima sostenibilità. I produttori devono anche avere un ruolo attivo e una totale autonomia nella gestione dell’azienda, collaborando e decidendo insieme le regole di produzione e le forme di promozione del prodotto.

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